13 ottobre 2013


Cari lettori, il 5 ottobre, a Firenze, nella Bibliotenda di Piazza della Repubblica, c’è stato l’incontro con il bravissimo e simpaticissimo Daniel Pennac. L’evento, organizzato dal centro culturale Funaro di Pistoia e dall’ordine dei commercialisti, si è svolto per metà in italiano e metà in Francese, logicamente, grazie alla magistrale traduzione simultanea da parte dell’Istituto Francese di Firenze! 
Appena siamo arrivati, abbiamo visto le prime file di sedie riservate all’ordine dei commercialisti e un po’ tutti ci siamo chiesti: ma come mai questo connubio? Uno dei responsabili dell’evento ha prontamente sciolto ogni nostro dubbio, dicendoci che i commercialisti hanno deciso di promuovere tutta una serie di attività culturali per essere più presenti nel cuore culturale pulsante della città.
La mia più grande meraviglia, di cui sono rimasta contenta, è stata vedere centinaia di persone ammassate in quel luogo per ascoltare le parole di un grande scrittore, di sabato pomeriggio!!!
Ma, allora, la cultura non è morta?!?
 E, se posso aggiungere una riflessione, a me sembra molto più vitale rispetto agli ultimi anni!!! E mi sembra che siano proprio le ultime e ultimissime generazioni a cercare insistentemente la cultura e ad imparare cose nuove per applicarle alla realtà!!!




Comunque, continuiamo a parlare di Pennac e della sua interessante intervista!!!

Ad aprire l’evento, è stato Massimiliano Barbini, amico e collaboratore di Pennac presso il centro culturale Funaro. Egli ci ha detto che Pennac è stato con l’associazione per uno spettacolo ed ha presentato varie letture. Sarà con il centro anche per l’allestimento dello spettacolo “L’occhio del lupo” il 26 ottobre.

<<Pennac può essere definito un “esempio di profondità e leggerezza”. Uomo di grande umanità e simpatia ma anche di grande spessore. L’anno scorso si è trovato attivamente coinvolto con “Funaro” nella stesura dello spettacolo teatrale “Il sesto continente”>>. 
Massimiliano Barbini




Il rapporto con il teatro:
Pennac sta frequentando da parecchio tempo lo spettacolo in prima persona.
Ha collaborato spesso con Clara Bauer, regista argentina, che ha diretto anche “L’occhio del lupo”.

<< La grandezza del teatro è quella di farmi uscire dalla solitudine dello scrittore. Come molti romanzieri, anche io conduco “ una vita di austerità”, ma alla continua ricerca della condivisione e della vita. Pistoia rappresenta per me “la mia idea del paradiso”. Finora pensavo al paradiso solo come consolazione, ma quando ho scoperto Pistoia e il Funaro, ho trovato il mio paradiso e, soprattutto, ho scoperto tutta la bontà della cucina toscana>>.


Come mai proprio “L’occhio del lupo” è il suo libro preferito?

<< Perché nella mia concezione, questo è il libro che, pur apparendo molto semplice, mostra, in realtà qualcosa di più compatto e profondo!
Clara Bauer, quando parla del bambino e del lupo, ella parla di un “faccia a faccia” tra esiliati. Questo libro per bambini può essere considerato anche come una grande parabola degli esiliati e degli oppressi. Non bisogna, però, essere troppo dogmatici perché il libro non vuole essere un trattato. Il lavoro è il risultato di un’immensa improvvisazione costituita dal libro, gli attori e il regista. Con l’appropriarsi del testo, il testo stesso si adatta al lavoro. L’idea è quella di dare la massima poesia possibile con i minori effetti tecnici possibili>>.



Ci sono molte differenze dal passaggio dal libro alla rappresentazione Teatrale?

<<Alla rappresentazione “il paradiso degli orchi” non ho lavorato alla sceneggiatura, di cui si è occupato un regista di 25 anni, molto giovane quindi. E il risultato mi è piaciuto tantissimo!
Nelle opere alle quali ho lavorato alla sceneggiatura, invece, ho potuto plasmare il risultato e comunque ne sono rimasto affascinato. Nel rapporto cinema-teatro bisogna comunque tenere una certa distanza mentale tra le varie forme espressive. Ciò è quello che preoccupa sempre il narratore, regista, attori e anche i lettori, i quali spesso scoprono che la loro rappresentazione mentale è diversa da quella sullo schermo o sul palco. La differenza tra immagini mentali e retiniane meriterebbe un discorso molto più ampio.
Bisognerebbe parlare anche della grandezza di alcuni registi di creare delle immagini mentali a partire da quelle reali. Un esempio magistrale potrebbe essere il Fellini di Amarcord o il Fellini a Roma. Fellini è un regista che adoro!!!
Nelle sue opere c’è la rappresentazione visuale di un universo mentale! Fellini, in realtà, si esercitava in ciò, disegnando ogni mattina tutto quello che aveva sognato di notte>>.





Il rapporto con la lettura a voce alta:

Pennac ha un credo molto forte per la lettura a voce alta. Quando viaggia con la moglie, infatti, colui che non guida, legge un libro a voce alta, alternandosi così nel ruolo autista-lettore. Proprio per questo stretto legame, egli ha inciso moltissimi audiolibri

<< La lettura a voce alta è una cosa molto bella che, secondo me, bisogna difendere. Quando io ho iniziato a scrivere, questa era una cosa molto contestata in Francia perché si credeva che la decodificazione dovesse avvenire mentalmente, in solitudine. La lettura a voce alta mette insieme l’intelligenza dello scrittore, quella del lettore e quella di coloro che ascoltano, i quali sono capaci di trarne una conclusione. La lettura a voce alta, quindi, è più interessante.
Del resto, anche scrittori come Flaubert e Dostoevskij, leggevano a voce alta, anche perché prima c’erano molti analfabeti e la cultura era vista come qualcosa di collettivo, molto più di adesso>>.   


2 commenti:

  1. Concordo!!! Prima di questa presentazione, lo conoscevo solo di fama, ma non lo avevo mai sentito parlare...l'altro giorno mi ha stupito per la simpatia, la gentilezza e la profondità del suo pensiero!!!! Un grande!!!

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